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senza di tutto ci� che potrebbe intaccare una assenza.
Tanto � la sua incorporea purezza, la sua categoriale
persuasivit�, tanta la impersonale dignit�, che nemmeno
abbisogna di angosciastico, abitante o testimone. Po-
tremmo dire che tiene della natura del numero, ma di
un numero che nessuno pensi e abbia mai pensato; quel
che intendono i ciechi quando parlano di luce; assenza
che �, che toglie che altri sia al suo posto, ma che insie-
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me, in grazia del suo non essere, � dovunque e in ogni
cosa.
Coronamento dell angoscia estatica � l autoscienza
dell universo come Ade; per quanto sia bassa l autoco-
scienza degli ammassi stellari, essa � larva di tanta ango-
scia; vedi come le comete patiscono con velocissima fu-
ria la propria brama di morire; femmine scarmigliate
bruciano, in secolare dirupamento, gote ed efelidi dei
loro litigiosi volti cavallini. Gravida si gonfia per i cieli la
tracotante nebulosa; la decompone una lentissima ira; si
disgrega, e da secoli il mignoletto cosmico si sforza di
perdere di vista l opposto coccige, ma hai voglia pedala-
re pei cieli; ora appena, dopo enne per enne di ere si �
dilatato appena il viscere nebulosico, e gli si � arrochita
la voce; e questi minimi indizi d� in offa alla propria im-
placata brama di morire.
Suggeriamo, a maggior chiarezza, questi altri proble-
mi, cui non tenteremo di dar risposta: quanto tempo im-
piegheranno a morire i triangoli? Quale coscienza del
non esistere regge le fibre sottili e tenaci degli esseri non
ancora nati? Quale contributo recano al decesso oggi-
diano i deceduti di miliardi di ere fa, in altro pianeta di
altro universo a noi estraneo, ignoto e ripugnante?
Vedi in te, mio caro, come vadano le cose. Se non ti
vada scavando un segreto rancore a te stesso; se anzi al
postutto non odii te stesso, e da codesto sentimento
cruccioso non nasca una scontrosa, compitata, infantile
nozione del morire; ma questo anche: se tu non sia cos�
intrinsecamente allacciato a questo sdegno di te, da non
essere altro che quello, e da essere, insieme, amore e
sdegno di te. Onde tu ti riconosci come Ade non parte
o segnacolo dell Ade, ma tutto l Ade e insieme riesci a
farti amico a te stesso; ed � solo per troppa tenerezza di
abbraccio se questo si muta in affetto scorsoio che ince-
spica il tuo minuscolo fiato; o se questa brama di posse-
derti amorosamente ti scompone e sfracella; o se ti ab-
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Giorgio Manganelli - Hilarotragoedia
brevi del capo, illudendoti che poi ti sar� pi� agevole
baciarti; o se il calore del tuo autoaffetto si arroventa in
esplosione plumbea che diteggia il didentro del tuo te-
schio.
Dunque, non sei testimone; sei tu stesso l angoscia
estatica; tu sei l Ade, secondo il sospetto della tua infan-
zia, quando escrementarvi, e piangevi il tuo asmatico
pianto impersonale, e ti maceravi foruncoli ed eczemi;
tu gi� allora sospettavi quel limitato, locale gonfiore,
molestia, essere allegoria, simbolo, semantema, gettone,
documento di altro grandissimo escremento, crosta, ec-
zema; e di essere tu appunto quell eczema; per cui non ti
restava che schifarti come ignobile e vilissimo, e insieme
averti caro ed adorarti per la tua estrema, esemplare in-
degnit�.
L universo che si riconosce come Ade si articola in
subita ubbidienza nei necessari gironi gerarchici. Tu,
chiuso nell angusto abitacolo di un universo infinito,
abiti una bolgia, donde, pi� tardi, fatto immoto e terro-
so, passerai ad altra bolgia a ci� deputata. Sei il dannato;
e, insieme, il demonio: il diavolaccio cornuto e caudato,
buffo e puerile. Come tale, sei al riparo dalle aggressioni
della fede: non in quanto dubbioso, sia chiaro, ma in
quanto certo di evidenza dottrinaria; per cui ti stai nel
tuo inferno, fresco tra tomba e fontana, decoroso, attil-
lato nella tua decentissima livrea di fiamme e tenebre.
Conscio della tua dignit� e collocato pertanto su un pia-
no intemporale, tu celebri, nel fumo della tua aromatica
ustione interiore, tutti gli addii possibili, come gi� acca-
duti. Delibi la qualit� teoretica dell addio. Sperimenti
l amore del disamore; giacch� l universo Ade disama te
uomo Ade, e insieme ti illumina, e fa significante; e dun-
que non sar� improprio dire che ti ama.
Ma qui si sospender� il discorso brevemente. La ful-
minosa tappa all ingi� ci ha portati qui, ove sorgono
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problemi che diremo propedeutici all Ade, vale a dire:
dei modi del discendere, e delle vie di accesso all Ade;
ricerche che conforteremo di inchieste sociologiche sui
gruppi di adediretti e corroboreremo di testimonianze
documentarie.
In primo luogo: dei modi del discendere. Taluno vi
precipita per linea retta; sibila e punta, come aerolito;
meglio, anche, ch� l� dove intende e perviene non ha
luogo curvatura spaziale; ma la retta � retta. Costui �
l uomo che, non dubitando del proprio destino infero,
lo regge davanti agli occhi; lo maneggia senza paventar-
ne i lineamenti solforosi; lo contempla come abisso di
tenebre e giallo bagliore, sprofondato: su cui si affaccia,
e vibra il rapido collo, come il serpe che non patisce ver-
tigine fa della lingua. Anima monocola, monocroma, fi-
lologa di univoca paranoia; noct�luca; fulminante amig-
dala, acumine lavorato in avorio di sauro, plebea balista,
cervice cocciuta di ariete; ustione di micrometeora che
non toccher� terra, delizia di infanti, strologamento di
nutrici, unghiata in vetro di cielo.
Altri spiraleggia calando: ossequio al destino, solerzia
alle reincarnazioni, pazienza agonica; gola differita della
morte, libidine indugiata del suicidio, sete accortamente
dilazionata dell Ade; pacatezza di modi, distinzione nel
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