Giorgio Manganelli Hilarotragoedia 

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senza di tutto ciò che potrebbe intaccare una assenza.
Tanto è la sua incorporea purezza, la sua categoriale
persuasività, tanta la impersonale dignità, che nemmeno
abbisogna di angosciastico, abitante o testimone. Po-
tremmo dire che tiene della natura del numero, ma di
un numero che nessuno pensi e abbia mai pensato; quel
che intendono i ciechi quando parlano di luce; assenza
che è, che toglie che altri sia al suo posto, ma che insie-
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me, in grazia del suo non essere, è dovunque e in ogni
cosa.
Coronamento dell angoscia estatica è l autoscienza
dell universo come Ade; per quanto sia bassa l autoco-
scienza degli ammassi stellari, essa è larva di tanta ango-
scia; vedi come le comete patiscono con velocissima fu-
ria la propria brama di morire; femmine scarmigliate
bruciano, in secolare dirupamento, gote ed efelidi dei
loro litigiosi volti cavallini. Gravida si gonfia per i cieli la
tracotante nebulosa; la decompone una lentissima ira; si
disgrega, e da secoli il mignoletto cosmico si sforza di
perdere di vista l opposto coccige, ma hai voglia pedala-
re pei cieli; ora appena, dopo enne per enne di ere si è
dilatato appena il viscere nebulosico, e gli si è arrochita
la voce; e questi minimi indizi dà in offa alla propria im-
placata brama di morire.
Suggeriamo, a maggior chiarezza, questi altri proble-
mi, cui non tenteremo di dar risposta: quanto tempo im-
piegheranno a morire i triangoli? Quale coscienza del
non esistere regge le fibre sottili e tenaci degli esseri non
ancora nati? Quale contributo recano al decesso oggi-
diano i deceduti di miliardi di ere fa, in altro pianeta di
altro universo a noi estraneo, ignoto e ripugnante?
Vedi in te, mio caro, come vadano le cose. Se non ti
vada scavando un segreto rancore a te stesso; se anzi al
postutto non odii te stesso, e da codesto sentimento
cruccioso non nasca una scontrosa, compitata, infantile
nozione del morire; ma questo anche: se tu non sia cosí
intrinsecamente allacciato a questo sdegno di te, da non
essere altro che quello, e da essere, insieme, amore e
sdegno di te. Onde tu ti riconosci come Ade  non parte
o segnacolo dell Ade, ma tutto l Ade  e insieme riesci a
farti amico a te stesso; ed è solo per troppa tenerezza di
abbraccio se questo si muta in affetto scorsoio che ince-
spica il tuo minuscolo fiato; o se questa brama di posse-
derti amorosamente ti scompone e sfracella; o se ti ab-
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brevi del capo, illudendoti che poi ti sarà piú agevole
baciarti; o se il calore del tuo autoaffetto si arroventa in
esplosione plumbea che diteggia il didentro del tuo te-
schio.
Dunque, non sei testimone; sei tu stesso l angoscia
estatica; tu sei l Ade, secondo il sospetto della tua infan-
zia, quando escrementarvi, e piangevi il tuo asmatico
pianto impersonale, e ti maceravi foruncoli ed eczemi;
tu già allora sospettavi quel limitato, locale gonfiore,
molestia, essere allegoria, simbolo, semantema, gettone,
documento di altro grandissimo escremento, crosta, ec-
zema; e di essere tu appunto quell eczema; per cui non ti
restava che schifarti come ignobile e vilissimo, e insieme
averti caro ed adorarti per la tua estrema, esemplare in-
degnità.
L universo che si riconosce come Ade si articola in
subita ubbidienza nei necessari gironi gerarchici. Tu,
chiuso nell angusto abitacolo di un universo infinito,
abiti una bolgia, donde, piú tardi, fatto immoto e terro-
so, passerai ad altra bolgia a ciò deputata. Sei il dannato;
e, insieme, il demonio: il diavolaccio cornuto e caudato,
buffo e puerile. Come tale, sei al riparo dalle aggressioni
della fede: non in quanto dubbioso, sia chiaro, ma in
quanto certo di evidenza dottrinaria; per cui ti stai nel
tuo inferno, fresco tra tomba e fontana, decoroso, attil-
lato nella tua decentissima livrea di fiamme e tenebre.
Conscio della tua dignità e collocato pertanto su un pia-
no intemporale, tu celebri, nel fumo della tua aromatica
ustione interiore, tutti gli addii possibili, come già acca-
duti. Delibi la qualità teoretica dell addio. Sperimenti
l amore del disamore; giacché l universo Ade disama te
uomo Ade, e insieme ti illumina, e fa significante; e dun-
que non sarà improprio dire che ti ama.
Ma qui si sospenderà il discorso brevemente. La ful-
minosa tappa all ingiú ci ha portati qui, ove sorgono
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problemi che diremo propedeutici all Ade, vale a dire:
dei modi del discendere, e delle vie di accesso all Ade;
ricerche che conforteremo di inchieste sociologiche sui
gruppi di adediretti e corroboreremo di testimonianze
documentarie.
In primo luogo: dei modi del discendere. Taluno vi
precipita per linea retta; sibila e punta, come aerolito;
meglio, anche, ché là dove intende e perviene non ha
luogo curvatura spaziale; ma la retta è retta. Costui è
l uomo che, non dubitando del proprio destino infero,
lo regge davanti agli occhi; lo maneggia senza paventar-
ne i lineamenti solforosi; lo contempla come abisso di
tenebre e giallo bagliore, sprofondato: su cui si affaccia,
e vibra il rapido collo, come il serpe che non patisce ver-
tigine fa della lingua. Anima monocola, monocroma, fi-
lologa di univoca paranoia; noctíluca; fulminante amig-
dala, acumine lavorato in avorio di sauro, plebea balista,
cervice cocciuta di ariete; ustione di micrometeora che
non toccherà terra, delizia di infanti, strologamento di
nutrici, unghiata in vetro di cielo.
Altri spiraleggia calando: ossequio al destino, solerzia
alle reincarnazioni, pazienza agonica; gola differita della
morte, libidine indugiata del suicidio, sete accortamente
dilazionata dell Ade; pacatezza di modi, distinzione nel [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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