Alessandro Baricco Castelli Di Rabbia 

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detto che ti danno un biglietto, tu paghi e ti danno un dischetto d'avorio che tu restituisci alla
stazione d'arrivo, dice che è simile ai biglietti che danno a teatro", "L'ho detto io che sarà come il
teatro", "Ah, se c'è da pagare, se lo scordano proprio che io ci salgo su quel treno", "Cosa pensavi,
che ti pagavano a te per salirci?", "É una cosa da ricchi, ascoltate me, è una cosa da ricchi il treno",
"Ma il signor Rail mi ha detto che potremo salirci tutti", "Per intanto il signor Rail dovrà trovare i
soldi per farlo, questo treno", "Li troverà", "Non li troverà mai", "Sì che li troverà", "Sarebbe bello
che li trovasse", "Comunque ha già comprato la locomotiva, questo l'ha detto lui, l'altro giorno, e
c'eravate tutti", "Sì, la locomotiva sì", "Brath dice che l'hanno costruita vicino alla capitale e che si
chiama Elisabeth", "Elisabeth?", "Elisabeth", "Ma figurati...", "É un nome per una donna,
Elisabeth", "E allora?", "Che ne so, quella è una locomotiva, mica è una donna", "E poi come mai le
locomotive hanno un nome, scusa?" E in effetti "Hanno sempre un nome le cose che fanno paura",
"Cosa dici?", E in effetti stava arrivando "Niente, dicevo per dire", "Hanno un nome perché se
qualcuno te la ruba tu puoi dire che era tua", E in effetti stava arrivando Elisabeth "Ma chi vuoi che
ti rubi una locomotiva?", "Una volta a me hanno rubato il calesse, hanno staccato il cavallo, e si
sono portati via solo il calesse", E in effetti stava arrivando Elisabeth, mostro di ferro "Certo che
bisogna essere ben stupidi per farsi rubare il calesse e non il cavallo", "Io se fossi stato il cavallo mi
sarei offeso", E in effetti stava arrivando Elisabeth, mostro di ferro e di bellezza "Era un cavallo
bellissimo, altroché", "Cosi béllo che nemmeno i ladri...".
E in effetti stava arrivando Elisabeth, mostro di ferro e di bellezza: legata sul ponte di una chiatta,
risaliva in silenzio il fiume.
Muta: questo era stupefacente.
E lenta di un movimento non suo.
Presa per mezzo dell'acqurc - qualcuno la butterà infine su due rotaie perché esploda la sua rabbia ai
cento all'ora, vzolentando la pigrizia dell'aria.
Un animale, si sarebbe potuto pensare.
Una bestia feroce rubata a qualche foresta.
Le corde che le segano i pensieri ed i ricordi - una gabbia di corde per farla tacere.
La dolce crudeltà del fiume che la porta sempre più lontano - ci sarà alla fine una lontananza che
diventerà la sua nuova casariaprirà gli occhi e avrà due rotaie davanti per sapere dove scappare - da
cosa, questo non, lo capirà mai.
Saliva lentamente il fiume, Elisabeth, legata sul ponte di una chiatta.
Un gran telone la nascondeva al sole e agli sgurirdi.
Nessuno poteva vederla.
Ma tutti sapevano che sarebbe stata bellissima.
- La sua banda ha suonato meravigliosamente, Pekisch, davvero... è stato bellissimo.
- Grazie, signor Rail, grazie... anche il treno era bellissimo, voglio dire, è un'idea magnifica, una
grande idea.
Elisabeth arrivò il primo giorno di giugno trascinata da otto cavalli su per la strada che dal fiume
portava a Quinnipak: il che, volendo, potrebbe essere preso ad emblema di una qualche teoria sulla
dialettica di passato e futuro.
Volendo.
Nella strada principale di Quinnipak Elisabeth sfilò tra gli sguardi stupiti e in certo modo fieri della
cittadinanza.
Per l'occasione Pekisch aveva composto una marcia per banda e campanile che risultò non del tutto
chiara essendo costruita sulla sovrapposizione di tre temi popolari diversi: Pascoli aviti, Cade la
luce e Radioso sia il domani.
- Una melodia sola certo non basterebbe, visto l'importanza della cerimonia - aveva spiegato.
IL fatto che nessuno avesse obbiettato niente non deve sorprendere perché da quando, ormai dodici
anni prima, Pekisch aveva preso in mano la vita musicale della città ci si era in certo modo
rassegnati a essere musicalmente anomali e, in generale, inclini alla genialità.
E benché una certa nostalgia serpeggiasse, qua e là, per i vecchi tempi in cui ci si accontentava in
simili circostanze del caro vecchio Trionfin le turbe (indimenticato inno scritto da Padre Crest, solo
in seguito rivelatosi copiato dalla discutibile ballata Dove vola l'uccelletto) rimaneva pressoché
generale la convinzione che le esibizioni allestite da Pekisch rappresentassero per la città prezioso
motivo di orgoglio.
Non era un caso, d'altronde, se in occasione di ricorrenze, feste e sagre varie arrivasse perfino gente [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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