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sì, e ciò giustificava quel sudore secco che le penetrava
nei sensi, quella solitudine come un freddo allo stoma-
co, anche se la morte, ormai, non la sorprendeva più e
quasi, abituata come l aveva, non la addolorava nemme-
no. Le lasciava, soltanto, lo stesso dispetto che danno gli
insulti immeritati, e la sua solita rabbia inasprita.
Uscì dall ospedale che c era già un poco di luce sui
tetti delle case e come le venivano in mente tante altre
nottate così, con la città che non può esserti che testimo-
ne e non ti senti la voglia di ritornare a casa. Passò il re-
sto della notte a rivoltarsi nel letto e, il mattino dopo,
l aveva ancora davanti agli occhi, e sapeva già tutto, an-
che se non lo aveva visto morire.
Letteratura italiana Einaudi 180
Alberto Bevilacqua - La califfa
Portò altri soldi alla Bruna, ma non volle vederla la
creatura morta, come l avevano sistemata nel letto ma-
trimoniale che di lì, dalla cucina, si vedeva e c era intor-
no quell aria di cose ordinate e pulite che la morte sa far
nascere anche nelle più neglette delle case, nelle più cor-
rotte dalla miseria, e la casa della Bruna era una di que-
ste. Alla Califfa era bastato vedere il proprio figlio, e le
pareva, d improvviso, d averlo visto solo ieri, in un letto
identico, in una casa con la stessa aria. Uscì quindi da
quella cucina e cominciò a camminare, a testa bassa,
senza rendersi conto delle strade che faceva, senza nem-
meno sapere dove volesse andare.
Non s accorse di quanto rimase in giro, sedendosi ora
sulle panchine del viale o rimanendo a fissare in una vetri-
na senza che i suoi occhi vedessero nulla; ma quando ri-
tornò a casa s erano già accese le luci nelle strade, una
nebbia leggiera aveva già l umidità aspra della notte, e
c era lui ad aspettarla. Aveva saputo e le disse: «Andiamo,
almeno ti svaghi... Almeno per un po non ci pensi...».
La Califfa si lasciò riportar fuori senza dir nulla, ma
anche in macchina restò immusonita. Eppure c era, in
quell aria di mezza stagione, quell odore di terra che si
spigrisce e che a lei piaceva tanto e, nel buio, la nebbia
era d improvviso scomparsa nonostante si avvicinasse
il leggiero alito di putredine con il quale il fiume già re-
spirava intorno per cui gli alberi e le siepi, rimasti luci-
di di guazza, correvano via con un lucore che lei mai
aveva notato.
Finché arrivarono al Po, e la Califfa capì che c era una
mezza festa dove si andava. «È il Gazza che offre...» dis-
se il Doberdò. «Un affare che gli è andato bene...» e la
tavola l avevano messa in riva al fiume, tanto che di lì si
poteva vedere l altra riva, ed era tutto assai bello, con le
luci di quei paesini costieri che l acqua rimandava e la
luna magra. Ma la Califfa non era in vena di bellezze, e
nemmeno le andava di toccar cibo, con quello stomaco
Letteratura italiana Einaudi 181
Alberto Bevilacqua - La califfa
come una bocca di sacco stretta da una corda, anche se
il Gazza, già sul bicchiere, gridava che chi non mangiava
l offendeva.
La Califfa continuava a pensare a quella faccia, a co-
me aveva cessato di tremare di vita sotto la pelle, alla
spalliera d ottone di quel letto matrimoniale, con quel
ciuffo di capelli visto così di corsa, appena una macchia
nera tra coperta e cuscino, con la mano della Bruna che
non riusciva a staccarsi dalle sue, mentre lei voleva scap-
par via e la Bruna, dopo quelle mani da stringere, dopo
che anche lei se ne fosse andata via dalla cucina, non
avrebbe avuto più niente a cui attaccarsi, più nessuno.
Solo quel ciuffo tra gli ottoni del letto e il silenzio di
quella casa riordinata e ripulita dalla morte.
Per questo, quasi non si accorgeva di come gridavano
intorno a lei. E quando il Gazza le passò una mano sugli
occhi e le chiese: «Ma che ha?... Ma cosa guarda?...» fu
come se si ritrovasse lì in mezzo d improvviso, e provò
una gran vergogna di sé, e le sembrò che fosse un gran-
de peccato il suo, di non starsene a rispettare il suo do-
lore e di far da testimone a un allegria che non poteva
essere la sua.
Un brutto momento che la fece sudare. Strinse il bic-
chiere con la mano che le tremava, e finse di bere, per
vincersi, ché la tentazione era di piantar tutti, di scappa-
re via nella notte, per la campagna...
È stato così che, a un certo momento, non ci ho visto
più. Per colpa mia, forse, più che per colpa di quelli.
Fatto sta che m ero ritrovata come piena di benzina dal-
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